Piattaforme digitali, come si usano, come ci si lavora: luci e ombre con Ivana Pais
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Grazie alle nuove tecnologie oggi la vita di tutti noi è “ibrida”: in parte offline, in presenza, e in parte online. L'esempio più classico è quello delle vacanze: oggi per prenotarle chi di noi va fisicamente in un’agenzia di viaggi, come si faceva anche solo dieci o vent'anni fa? E allora: come le piattaforme digitali hanno trasformato le nostre vite? In questo episodio lo spiega una grande esperta, Ivana Pais, docente di Sociologia economica all'università Cattolica.
Un aspetto controverso delle piattaforme è la qualità del lavoro che offrono: è caso famoso dei rider, pagati (poco) per andare in bicicletta a ritirare il cibo in pizzerie e ristoranti e poi consegnarlo a casa dei clienti, senza però essere assunti dalle piattaforme che abilitano questo servizio. E qui si staglia uno dei problemi più grandi della platform economy, e cioè l'opacità delle condizioni offerte a chi le usa per lavorare: «Nel passato, anche nelle situazioni in cui c'erano condizioni di lavoro molto dure e ingiuste, non dignitose, le regole del gioco però erano note: la modalità di organizzazione del lavoro era conosciuta» dice Pais, ricordando "Tempi Moderni" di Charlie Chaplin: così non era difficile «mettere in atto azioni collettive per rivendicare il giusto trattamento dei lavoratori». Oggi invece spesso le «regole di funzionamento non vengono comunicate al lavoratore», rendendolo più solo e fragile.
E' dunque miope credere che le piattaforme siano "neutre": «Il potere resta centralizzato: ci sono piattaforme in cui quando un operatore scende sotto una certa soglia reputazionale viene in automatico scollegato dalla piattaforma» dice Pais. Come in una celebre puntata di Black Mirror, andata in onda nel 2016 e sempre più attuale.
In qualità di principal investigator della ricerca "WePlat – Welfare Systems in the Age of Platforms", Ivana Pais ha individuato 127 piattaforme operanti in Italia nel settore salute, educazione e cura dell’infanzia, e assistenza sociosanitaria. Purtroppo «la ricerca accademica è focalizzata esclusivamente sui rider: pare che sia l'unica attività che viene svolta attraverso piattaforma digitale!» spiega la professoressa: eppure ci sono tanti altri servizi che vengono forniti attraverso (e intermediari dalle) piattaforme.
E per chi sogna di inventarsi lanciare la prossima piattaforma "sbancatutto", andandosi ad aggiungere al gotha dei "nerd geniali" come per esempio Danila Di Stefano di Unobravo, Pais ricorda che «ormai sappiamo che l'idea conta, ma l'implementazione poi conta di più»: insomma l'intuizione geniale serve, ma non basta se poi non la si sa mettere a terra in maniera efficace.
Nel corso dell'episodio, registrato live all'università Cattolica di Milano, la fondatrice della Repubblica degli Stagisti Eleonora Voltolina esplora con Ivana Pais anche la condizione "ibrida" di coloro che usano le piattaforme come "venditori", per esempio per affittare il proprio appartamento o vendere vestiti o oggetti usati. «Noi chiamiamo queste persone pro-am, professionisti amatoriali, o anche slash workers, perchè sono persone che fanno un'attività slash un'altra slash un'altra».
Le piattaforme esercitano un fascino particolare sulle nuove generazioni native digitali, sia come clienti sia come lavoratori: «perché hanno degli elementi oggettivamente interessanti: rispondono a dei bisogni e anche a dei desideri» dice Pais.
E il suo libro del cuore? L'Ottava Vita della scrittrice georgiana Nino Haratischwili, pubblicato in Italia da Marsilio: «Una saga che inizia all'inizio del Novecento e finisce pochi anni fa, e si muove tra Tblisi, San Pietroburgo, la Rivoluzione d'ottobre, poi si sposta in Inghilterra, e la storia di questa famiglia segue la Storia con la s maiuscola, con degli elementi di pensiero magico intrigante».
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