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“I treni non passano una volta sola”: incontro con Giulio Xhaet, ambasciatore dei late bloomers

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Quando si arriva a 20 o 30 anni senza le idee chiare su cosa si vuole fare a livello professionale scatta talvolta una sorta di panico, di paura di restare indietro. Oppure di aver sbagliato tutto, di aver scelto male la scuola, l’università, il lavoro, e di essere condannati a pagarne le conseguenze. Giulio Xhaët, consulente in Newton spa ed esperto di competenze digitali, è arrivato alla laurea ben fuori tempo massimo ed è entrato nel mondo del lavoro alla non tenera età di 29 anni: per questo si considera volentieri un “ambasciatore dei late bloomers”, anzi sopratutto dei “multiple bloomers”.
Autore di un saggio appena uscito dal titolo “Da Grande”, sottotitolo “Non è mai troppo tardi per capire chi potresti diventare” (Sonzogno), Xhaët parla con la giornalista Eleonora Voltolina, fondatrice della Repubblica degli Stagisti, di come ciascuno di noi può riflettere su chi vuole veramente essere e agire per trasformare quel proprio desiderio in realtà. E di come si può evitare di lasciarsi paralizzare dal timore di non farcela, di essere troppo vecchi per cambiare rotta, “di contraddirsi e contenere moltitudini”, come dice prendendo a prestito le poetiche parole di Walt Whitman.
Il suggerimento di lettura di Giulio Xhaët è il romanzo “La mano sinistra del buio” della scrittrice americana Ursula K. Le Guin, vincitrice di innumerevoli premi tra cui l’Hugo e il Nebula, recentemente ripubblicato in Italia nella collana Oscar Mondadori in una nuova traduzione di Chiara Reali.
Il sound design del podcast è a cura di Giorgio Baù (http://www.lospazioporto.com/); la sigla è composta e realizzata da Matthieu Mantanus (https://fr.matthieumantanus.com/).

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